Nanda Vigo – Private Collection
Dal 6 ottobre 2020
A cura di Andrea Dall’Asta SJ
Interviene: Arch. Antonella Ranaldi (Soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per la Città Metropolitana di Milano (MiBACT)
Presenta: Marco Meneguzzo
Al Museo San Fedele. Itinerari di arte e fede in mostra la straordinaria collezione donata da Nanda Vigo, con opere di: Vincenzo Agnetti, Armando, Bernard Aubertin, Joseph Beuys, Ugo Carrega, Hisiao Chin, Christo, Dadamaino, Agenore Fabbri, Jan Fabre, Luciano Fabro, Lucio Fontana, Oscar Holweck, Emilio Isgrò, Walter Leblanc, Heinz Mack, Piero Manzoni, Christian Megert, Hank Peeters, Otto Piene, Gio Ponti, Mario Radice, Mimmo Rotella, George Rickey, Mario Schifano, Jan Schoonhoven, Paul Talman, Giulio Turcato, Gunther Uecker, Nicolas Uriburu, Guy Van den Brande, Jef Varheyen, Nanda Vigo, Andy Warhol.
Martedì 6 ottobre 2020, dalle ore 18.15 (fino alle ore 20.00), il Museo San Fedele. Itinerari di arte e fede è lieto di inaugurare la Private Collection, con opere relative alle ricerche artistiche degli anni ’60 e ’70, raccolte e donate al Museo dall’artista, designer e architetto Nanda Vigo, recentemente scomparsa.
Le sale di Genesis Space sono state appositamente ricavate nel Museo San Fedele per ospitare una selezione delle opere donate da Nanda Vigo alla Fondazione Culturale San Fedele (108 opere in totale).
Gli insoliti accostamenti, i rimandi di forme e di colori, gli “affollamenti” che rifiutano di assoggettarsi a criteri di una rigorosa esposizione lineare o cronologica, vogliono rievocare l’atmosfera creativa che si respirava nella casa milanese dell’artista, in cui i lavori, allestiti ovunque, erano parte integrante della quotidianità. Circa sessanta opere permetteranno così al visitatore di leggere uno spaccato dell’arte italiana e internazionale del Novecento, soprattutto degli anni ’60 e ’70.
La collezione si inserisce pienamente nel percorso del Museo San Fedele, anzi, ne costituisce il punto iniziale. Basandosi sulle ricerche che prendono avvio dagli anni ‘50, le opere fanno emergere la necessità di «ripartire da zero», segnando una rottura definitiva con i dogmi dell’arte tradizionale: un cambiamento epocale, dunque. È un «ricominciare» che coinvolge i diversi aspetti della vita umana, come appare evidente nelle ricerche di Lucio Fontana che si propone di attraversare la superficie del reale per dirigersi verso l’“oltre” della tela, verso un assoluto, una trascendenza, o di Piero Manzoni, che intende proporre con i suoi Achrome spazi totali, aperti a infiniti significati possibili. La collezione Nanda Vigo costituisce dunque un’integrazione fondamentale delle opere già presenti in Museo che si snodano negli spazi della Chiesa di San Fedele e negli spazi annessi, facendo affiorare quella dialettica tra arte e fede, tra presente e passato, tra ricerca umana e ricerca religiosa, che esprime il desiderio dell’uomo di vivere un’esperienza, da cui affiori quanto è autenticamente umano, continuamente teso tra vita e morte, dolore e gioia, aspirazione a un destino di comunione e di fraternità.
Nella collezione, particolarmente significativo il nucleo delle opere di Piero Manzoni, legato da un sodalizio affettivo e artistico con la Vigo, che dagli encausti nucleari e dai catrami del primo periodo, giunge fino ai celebri Achrome: superfici primarie di ineffabile “infinibilità”, in cui l’artista sperimenta l’uso di “materiali acromatici”, come le tele imbevute di caolino, il cotone, le pressure su carta, il polistirolo, il cloruro di cobalto e la lana di vetro. La ricerca di Manzoni si spinge allo studio delle potenzialità creatrici dell’artista, sfociando talvolta in aperta provocazione al mercato dell’arte, come nel caso del Corpo d’aria, dell’Uovo con impronta, Pacco, delle Linee e delle celebri “scatolette” (di cui il San Fedele espone la numero 1). Tutte opere poi autenticate con appositi assegni: pezzi estremamente rari presenti in esposizione.
Molto diversa è invece la poetica di Lucio Fontana, in cui il gesto dell’artista incontra e modifica la materia stessa dell’opera. Il grande Concetto spaziale di Fontana, del 1961, convive così con le contemporanee sperimentazioni con il fuoco di Otto Piene, e le opere di Henk Peeters, Armando, Jan Schoonhoven, oltre che di Christo, Emilio Isgrò e Walter Leblanc.
Proprio le opere di Otto Piene, così come quelle di Heinz Mack e di Guenther Uecker – di cui il Museo espone un’opera del 1964 nel suggestivo spazio del Sacello asburgico – testimoniano un avvicinamento della Vigo alle tematiche e ai protagonisti del Gruppo Zero, avvenuto tra la fine degli anni ’50 e l’inizio del ’60, tra Germania, Francia e Olanda. Le sperimentazioni del Gruppo Zero sono inoltre un fondamentale punto di riferimento per le contemporanee ricerche di Lucio Fontana e Piero Manzoni. La rivista “Azimuth”, fondata nel 1959 da Manzoni ed Enrico Castellani, vede nei suoi unici due numeri la partecipazione, fra gli altri artisti (tra cui lo stesso Fontana), di Vincenzo Agnetti, che nel suo Libro, esposto in mostra, materializza una paradossale sensazione di mancanza e di perdita. La collezione si configura quindi immediatamente come un nucleo “vivo”, intessuto di fitti rimandi e strette interconnessioni, fortemente legato alla carriera artistica e alla vita stessa di Nanda.
La seconda sala accoglie invece il visitatore con un calibratissimo allestimento in nero, già studiato da Nanda Vigo, in cui i lucidi specchi di Christian Megert giocano con i più opachi allumini di Heinz Mack e i Pitons di Bernard Aubertin, confrontandosi con le geometrie percettive di Dadamaino. La Pop Art americana – rappresentata dalla smagliante icona della Marylin di Andy Warhol – incontra quella italiana dei décollage e dei ready-made di Mimmo Rotella. La figura di Gio Ponti, di cui Nanda Vigo fu stretta collaboratrice nel corso degli anni ‘60, è invece rievocata da un’opera su perspex in cui, negli eleganti e raffinati linearismi dei due profili femminili è forse possibile intravedere un omaggio alla stessa Vigo. Fra le opere più recenti della collezione è infine Hand to listen, dell’artista belgaJan Fabre, realizzata nel 1992 per la IX documenta di Kassel: una mano in cera presentata in mostra con lo stesso allestimento ideato dalla collezionista.
Le sale che accolgono le opere della donazione stabiliscono un legame significativo con le ricerche compiute dalla Galleria San Fedele in quegli stessi decenni del Novecento, ponendosi quindi in stretto dialogo con la storica tradizione espositiva del San Fedele, da sempre caratterizzata da grande sperimentalità e attenzione ai linguaggi del contemporaneo.
Per sostenere il restauro delle opere – come nel caso del delicatissimo intervento a cui è stato sottoposto nel corso del mese di settembre l’opera di Lucio Fontana – sarà gradita un’offerta libera da parte dei partecipanti.
La Fondazione Culturale San Fedele ricorda con viva gratitudine Nanda Vigo per la proficua collaborazione stabilita nel corso degli anni, oltre che per la sua grande generosità. Si ringrazia inoltre la Fondazione Cariplo, per avere permesso il restauro delle sale, Galleria Allegra Ravizza, e Archivio Nanda Vigo.